domenica 3 aprile 2011

UNA STRANA E CONTAGIOSA MALATTIA


Una strana e contagiosa malattia ha iniziato a colpire i bar e i locali pubblici verso la fine degli anni settanta: il suo nome è "sindrome del bancone" , o "megalobancomania". Questa sindrome porta a cambiare ossessivamente il bancone ogni quattro-cinque anni. E ogni anno il bancone diventa sempre più grande, più scomodo ed esteticamente incomprensibile. Si possono cosi incontrare, in piccoli bar di paese, dei monoliti di alabastro nero del peso di dieci tonnellate, portati li da non si sa quale astronave. Parimenti dei bellissimi banconi di legno perfettamente funzionanti vengono sostituiti con banconi a "esse", a labirinto, pralinati con lapislazzuli, in materiali che vanno dalla bachelite arancione al vetro blindato. Gli stili passano dal rococò-maya al neo-torronico-bugnato, dal liberty-linoleum al Barbie-Goodzilla, dal Cheope-Chippendale al post-Benito, dal gotico-zotico al Luigi-X-File, dall'assiro babilonese al techno-etrusco, in una gamma di orrori mineralogici e geometrici senza limiti di spesa, di tonnellaggio e di vergogna. Ecco alcuni dei più strabilianti.

Il monolito
È un bancone di marmo, o travertino, di colore scuro, del peso pari a quello di un sottomarino nucleare, che viene calato nel bar con tecniche ancora più misteriose di quelle usate per le piramidi egizie. Anche se ingentilito con zuccheriere di Murano e scalinate di caramelle, mantiene l'aspetto di una grossa lapide, o mausoleo funerario. In un bar di Vigevano, negli anni ottanti, si presentò agli occhi dei clienti un gigantesco blocco di marmo grigio. Non appena fu lucidato apparve la scritta A Matteo sposo esemplare la vedova inconsolabile. Questo potrebbe confermare che gran parte di questi banconi siano residui cimiteriali riciclati. Il prezioso catafalco può essere impreziosito con rifiniture in oro, pietre preziose, bassorilievi, mosaici, e soprattutto gadget. Abbiamo cosi alcune varianti.


Il superaccessoriato
Tipo di bancone usato nelle città ricche e in zone abbienti. In esso si sposa l'ideale estetico dei più alti esempi di pacchianeria e cattivo gusto mai raggiunti nel nostro paese: l'arte souveniristica e il défilé di moda televisivo. Il materiale è un vetroresina rosa da bordello di emiro, o un lastrone di iceberg salmonato. L'importante è che sotto il sapiente gioco di luci, impostato da uno specialista in discoteche, tutto brilli e mandi riflessi accecanti agli avventori. Su questo apparato si ergono alcuni distributori di caramelle alti fino a due metri, un'edicola di biscotti, quattro bidoni di yougurt di diversi colori, una cioccolattiera che rimesta la stessa cioccolata dal giorno dell'inaugurazione, una macchina che fa cubetti, sfere e ottaedri di ghiaccio, e un gigantesco rotore che agita una fanghiglia verde che potrebbe essere granita o cremolato di iguana. Sul bancone sono allineate decine di vassoietti contenenti pizzette, pistacchi, pannocchiette, anacardi, capperi, olive nere, olive verdi, salatini, arachidi, cetrioli, patatine e affini. Frequentando uno di questi banconi un bevitore di Campari può vivere a sbafo per tutta la vita. Mezze bustine di zucchero, zucchero di canna, zucchero dietetico e zucchero per mancini occupano le zone restanti. Nell'unico spazio libero ci sono la pubblicità del Beaujolais nouveau, e un vaso criselefantino con le offerte per il rifugio del Levriero.
L'inconveniente di questo prodigioso bancone è che nessuno sà dov'è il barista, sepolto dietro la parata di optional. Se riuscite a scoprirlo, tra il distributore di yougurt e la cioccolattiera, o dietro una palizzata di bottiglie, potete provare a chiedergli un caffè.
- Mi dispiace signore, - risponderà affranto - ma non saprei proprio dove mettere la tazzina.
Il Transilvania superstar
Detto anche "Bara di Dracula". Blocco di marmo nero con disegni in oro, distributore di birra alla spina in avorio, sgabelli in osso. Il barista apre solo dopo mezzanotte.

Il girotondo della morte
Semicerchio di alabastro verde pisello con ringherina rococò, e sedili formati da tronchetti traballanti che spesso crollano al suolo senza motivo apparente. Se uno solo dei clienti perde l'equilibrio, trascinerà tutti gli altri in una caduta circolare, e l'ultimo precipiterà giù per le scale della toilette.

Il grande labirinto
Inventato da un architetto sadico in un giorno di ascesso dentario, questo bancone ha il compito di rendere il più posibile scomoda la vita del barista e degli avventori. È fatto a "esse", a "elle, a "doppia vu", a percorso di motocross, ogni forma, insomma, che impedisca una normale razionalizzazione del lavoro. Le bottiglie sono appese in alto, impiccate ad anelli metallici, e il barista ci può arrivare solo saltando. La lavastoviglie è sul bancone, vibra e schizza getti di vapore caldo sui clienti, mentre la macchina del caffè è in fondo a un tornante a sinistra, nascosta dietro una catasta di tazze. È quindi impossibile ottenere un caffè caldo, perché la tazzina, per arrivare dalla macchina al bancone, impiega circa un minuto e mezzo. I clienti più abili usano il vapore della lavastoviglie per scaldarsi il cappuccino o arricciarsi i capelli. Per il gioco delle sedie, girate e contrapposte in strane angolazioni, alcuni avventori stanno di spalle e possono bere solo attraverso cannucce speciali con retrovisore, altri devono mangiare tenendo il piatto sulle ginocchia del loro dirimpettaio. Ne nascono amori e simpatie. A volte può crearsi il famoso "vortice cosmico": un misterioso scambio di posti per cui tutti i clienti si ritrovano all'interno del bancone e i baristi seduti sugli sgabelli. Il fenomeno è allo studio della Nasa.
L'inferno di cristallo
Altro bancone insidiosissimo. Tutto è riflesso, tutto è specchiato e moltiplicato in un vorticoso gioco di trompe-l'oeil e tranelli prospettici. Anche la vetrina e le pareti partecipano al caleidoscopio. Il barista potrebbe essere davanti, ma anche dietro di voi. Il caffè che avete ordinato tarda ad arrivare perché il barista è lento, oppure perché lo avete ordinato al riflesso del barista, che in realtà è venti metri più in là. Chiedete un whisky ma il barista dovrà capire, tra le cento bottiglie, qual è quella vera, e poi vi verserà il whisky in testa. Pensavate di girare il cucchiaino nel vostro caffè e invece lo avete infilato in bocca a un bambino. Non è un krapfen che tenete tra le mani ma la guancia di una signora. E cosi via. Una volta, in uno di questi bar, un cliente chiese un toast. Il barista rispose che li non facevano toast. - Eppure - insistette il cliente - qua c'è scritto: "toast e panini caldi". - No, signore, - disse il barista - la scritta che lei vede è quella del bar dall'altra parte della strada.
Il serpentone
Bancone quanto mai impegnativo, composto da metri e metri di marciapiede laterizio. Il barista corre da un capo all'altro sudando e spostando l'unica zuccheriera. Quando il serpentone si unisce al monolito, si crea il moloch, sogno e incubo di ogni barista. Un blocco lucente, ispirato alle statue dell'isola di Pasqua, per trasportare il quale è necessario un autosnodato. Assistemmo una volta al montaggio di un moloch in un piccolo bar di periferia. Il padrone era molto contento. Solo dopo alcune ore si rese conto che il bancone occupava l'intero bar, e non c 'era più posto né per lui né per i clienti. Per qualche settimana riusci a sbarcare il lunario mostrandolo alla gente: dieci minuti, mille lire. Poi con una sega elettrica lo tagliò in otto pezzi e li vendette come sculture moderne. Sette sono attualmente esposti nella villa di un produttore romano a Torvajanica, l'ottavo è al museo di San Antonio (Texas).

Il bancone marino
Vecchio e classico bancone di legno, con oblò, rifiniture in ottone, conchiglie incastonate e mummie di aragoste. Certo, fa effetto vederlo fuori dal suo habitat navale, in un bar di città. Ma funziona sempre, soprattutto se il barista ha una benda sull'occhio. Ha solo due inconvenienti: per prima cosa attira stormi di gabbiani, che lo caramellano di guano e rovistano nella spazzatura. Inoltre, anche se dista trecento chilometri dal porto, la sera si riempie misteriosamente di marinai che si ubriacano, sfasciano tutto in risse interminabili e misteriosamente spariscono. Il secondo inconveniente è che provoca, in soggetti particolarmente sensibili, feroci attacchi di mal di mare. Dopo un solo bicchiere di birra vomitano e si sdraiano per terra, chiedendo quando finisce la traversata. Il caso più misterioso avvenne nel 1983 in un bar sulle montagne di Arezzo. Verso mezzanotte il padrone apri la porta e una misteriosa ondata portò via lui e una decina di clienti. Solo tre vennero ritrovati al largo delle Celebes, degli altri nessuna traccia.
I miti